Immagine tratta dal sito L'Internazionale “Secondo l’Economist, per uno statunitense la probabilità di morire per il passaggio di un asteroide è solo una su 75 milioni…”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ultim’ora:  “A vederlo da lontano sembra un tatuaggio vero, una farfalla disegnata sulla pelle”, scrive Pierre Haski su Rue89. Invece è una scoperta medica che può salvare vite umane e che a febbraio ha vinto il Grand Prix NetExplo 2013 come invenzione dell’anno. Il tatuaggio è stato sviluppato da Nanshu Lu, scienziata cinese dell’università di Austin, in Texas, già inserita dal Mit di Boston nella lista internazionale dei 35 innovatori under 35. Si tratta di un semplice adesivo, simile a un cerotto, che si applica sulla pelle e permette di monitorare il battito cardiaco, l’attività celebrale e la temperatura. Può anche tradurre i movimenti muscolari in impulsi elettronici. Per esempio, se applicato sul collo, può riconoscere i movimenti nelle direzioni destra e sinistra, alto e basso. I dati possono venire trasmessi direttamente al proprio medico, e questa funzione potrebbe diventare particolarmente utile in caso di assistenza postoperatoria. In futuro, Lu prevede adattare il dispositivo per necessità mediche più sofisticate, come la sorveglianza di malattie negli organi interni. (fonte L’Internazionale)

 

 

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Esperimenti nucleari e terremoti!!!

 

Si inizia a prospettare il problema delle centrali nucleari dismesse (Wired)

 

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Primo piano: “Oggi l’America mette nella ricerca il 2,8% del suo Pil, contro l’1,26 dell’Italia. E in Germania la Merkel ha lanciato la «Exzellenzinitiative» incrementando i fondi per la ricerca, in cinque anni, di 10 miliardi di euro. Spiega una tabella elaborata su dati Ocse da Federico Neresini, curatore dell’Annuario scienza e società, che i Paesi che più investono in questo settore coincidono con quelli che meglio reggono all’urto dei colossi della manodopera a basso costo come Cina o India: se noi abbiamo 4 ricercatori ogni 1.000 occupati (la metà dell’Europa allargata: 7) la Norvegia ne ha 10,1, la Svezia 10,9, la Danimarca 12,6, la Finlandia e l’Islanda 17…Lo stesso studioso dimostra che se dal 1981 al 1990, nella vituperata Prima Repubblica, siamo passati dallo 0,85% all’1,25 del Pil, da vent’anni non ci schiodiamo da quella miserabile percentuale. E intanto, mentre facevamo i bulli ai vertici G7, gli altri acceleravano.” (Antonio Stella)