marzo2016-1“Negli ultimi tempi si è parlato tanto di analfabetismo funzionale, forse la principale ragione per cui molta gente non è in grado di comprendere davvero un testo e di fare un distinguo tra una notizia credibile e una bufala colossale. Ignoranza? Pigrizia? Deficit cognitivo? In questi anni ne abbiamo viste di tutti i colori. “ (Leonardo Patrignani) – Questo mese, sul ponte dell’Enterprise, si discute dell’evoluzione della specie sui social network…

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“Quando Caligola – secondo il blogger Svetonio – ha piazzato al Senato il suo Incitatus, non mi pare che il web (all’epoca “iunctura universalis”) abbia fatto commenti salaci, manifestato violentemente opinioni discordi o strillato un irrefrenabile disappunto. Certe occasioni servono a comprovare l’attendibilità di Epicuro quando asserisce – come si legge nelle veline di certi leggendari baci al cioccolato – che “non abbiamo tanto bisogno dell’aiuto degli amici, quanto della certezza del loro aiuto”. E’ quel che la vox populi ha distillato nel ritrito “gli amici si vedono nel momento del bisogno”.” (Umberto Rapetto)

Umberto Eco, in una delle sue ultime provocazioni, ha utilizzato la metafora degli “scemi del villaggio promossi a portatori di verità” , ma il problema sollevato va ben oltre l’elezione delle chiacchiera da bar a termometro degli umori di una società.
Quando infatti analizziamo i comportamenti che si tengono sui social network mettiamo alla prova non solo il senso della democrazia, ma la maturità di un’intera civiltà.
Ci ritroviamo allora ad essere quotidianamente testimoni, se non addirittura protagonisti, di un cambiamento epocale nei rapporto sociali, indotto da mutamenti tecnologici rapidissimi, cui non sempre fa seguito una preparazione culturale adeguata.
Non solo, gli stessi scintillanti strumenti che potremmo adottare per risolvere i guai seri di un pianeta “con il fiato corto”, sono utilizzati per distorcere l’essenza delle cose o, meglio, li adottiamo per isolarci dalla realtà in una bolla di autocompiacimento.
Ecco allora che alle periodiche ondate di indignazione davanti a immagini e notizie di scandali e crimini e corruzioni e violenze… non fa seguito alcun cambiamento nei meccanismi della società “off the net”.
Tutto passa e va in cavalleria, “flame war” comprese.
E c’è di peggio: ormai la linea di demarcazione tra riconoscimento del reale dal “fake” si sta facendo sempre più inconsistente!!!
Vero, citando la frase di un noto statista tedesco – Konrad Adenauer – potremmo dire che “…viviamo tutti sotto il medesimo cielo, ma non tutti abbiamo lo stesso orizzonte”, ma in realtà la situazione non è soltanto un fatto di cultura elitaria contrapposta all’ignoranza della massa, quanto piuttosto il riproporsi di schemi comportamentali sociali che nel corso della Storia hanno portato ad inneggiare alla dittatura di turno come se fosse il “Deus ex machina” risolutore dei problemi mondiali.
Ovvero a (sic et simplicter) grossi guai…

Marzo2016-3“C’è voluta una lotta di secoli per conquistarci il diritto al dubbio, all’incertezza: vorrei che non ce ne dimenticassimo e non lasciassimo pian piano cadere la cosa. Come scienziato, conosco il grande pregio di una soddisfacente filosofia dell’ignoranza, e so che una tale filosofia rende possibile il progresso, frutto della libertà di pensiero. E come scienziato sento la responsabilità di proclamare il valore di questa libertà, e di insegnare che il dubbio non deve essere temuto, ma accolto volentieri in quanto possibilità di nuove potenzialità per gli esseri umani. Se non siamo sicuri, e lo sappiamo, abbiamo una chance di migliorare la situazione. Chiedo la stessa libertà per le generazioni future.” (Richard Feynman)

Chi è quindi il nemico principale da avversare in questa battaglia per la Rete?
Sicuramente uno dei primi punti è la presupponenza che si manifesta nell’arroganza e nella superficialità.
Nell’incapacità di ascoltare, riflettere e, nel caso, ribadire in maniera proattiva.
Fateci caso, quante ammissioni di incertezza o di incompetenza in un determinato campo dello scibile si professano sui social network: pochine vero?
Eppure un comportamento maturo dovrebbe prevedere l’assunzione di responsabilità delle proprie idee, pre-requisito (per questo temuto, come sosteneva George Bernard Shaw) al concetto stesso di libertà.
E non è il fatto di temere gli errori, cosa che ogni esploratore sa bene di dover commettere, e nemmeno di vivere con passionalità situazioni alternative alla noia quotidiana: la presunzione e la chiusura mentale ci fanno diventare piuttosto facili prede di meccanismi psicologici “predatori”.
Il rischio, dopotutto, non solo collettivo ma anche personale, è quello di sprecare la vita che ci spetta vivendo le suggestioni (il diktat) di qualcun altro che è semplicemente più abile manipolatore: è il principio alla base delle truffe, la presunzione (unita all’avidità) dei truffati che diventa poi vergogna e menzogna.
Altro che “emoticon” per esprimere un “sentiment” !!!

Marzo2016-4“Ci sono sette emozioni universalmente rappresentate allo stesso modo in tutti i popoli del mondo, che sono chiaramente distinguibili: rabbia, tristezza, paura, sorpresa, disgusto, disprezzo e felicità.”(Paul Ekman)

Lo psicologo statunitense Paul Ekman, negli anni settanta del secolo scorso, notò come le espressioni del viso degli indigeni di una tribù della Papua Nuova Guinea fossero del tutto simili a quelle occidentali, asiatiche o dei nativi degli altri continenti.
Il fatto stesso che alcune emozioni – espresse a livello “non verbale” in maniera simile, indifferentemente dalla “tribù” di appartenenza – siano patrimonio condiviso dovrebbe insegnarci qualcosa.
Ad esempio che non sempre è la saggezza (la logica) a guidare le nostre scelte, bensì l’emotività e che questo è un elemento vulnerabile se consentiamo la sua manipolazione da parte (tanto per fare un esempio) degli “hater”, gli odiatori professionisti.
Certo, ci vuole coraggio (e onestà intellettuale) ad andare controcorrente, anche e soprattutto se si è in minoranza (o da soli) e a riconoscere che il re è nudo per poi a gridarlo alla folla genuflessa.
Almeno quanto ce ne vuole per ammettere che si può avere torto su di un determinato argomento: tuttavia anche il coraggio può essere un sentimento.
Il problema, forse, è che vorremmo si essere esploratori, ma poi ci portiamo sulla schiena ben più che il classico zaino da escursione: è piuttosto ciò che l’emotività ci porta a credere (e di possedere, conoscenze comprese), ovvero una lista di false giustificazioni razionali, spesso a posteriori, per gli impulsi del nostro substrato, istintivo ed emozionale.
Ecco allora ciò che si sta profilando al nostro orizzonte (evolutivo): un vero macigno che, alla fine, avrà l’unico effetto di restringere il cerchio del nostro sguardo a poco più della distanza che passa tra il naso e l’ombelico…

Marzo2016-5