Dr. Miranda Jones: Immagino abbia le spine.
James T. Kirk: Non ho mai visto una rosa senza.
(Is There in Truth No Beauty?)
Vivamo una società condannata a subire il mito dell’eterna gioventù, ma siamo così sicuri che la verità si trovi nella bellezza?

Non è (solo) un problema di conflitto generazionale, o magari lo è, ma in maniera molto più subdola di quanto si possa immaginare a prima vista.

Il fatto è che sempre più l’ideale che ci viene proposto di felicità è correlato all’immagine stereotipata di bellissime persone – belle esteticamente intendo – e giovani: a questo fine, una lista interminabile di nomi e volti (a loro volta intercambiabili) di attori e di boys band viene impietosamente bruciata sull’altare del marketing di successo.
La cosa, a livello sociologico, è un campanello d’allarme anche perchè presenta dei risvolti decisamente inquietanti: se infatti il fanatismo è una peculiarità che probabilmente esiste da quando è stata inventata la parola “divo” (e qui dobbiamo risalire ai primordi della Storia), oggi assistiamo piuttosto a disperate parodie di (chirurgia) plastica per il raggiungimento di uno stato di perfezione apparentemente immutabile.
Vada per il senso di appartenenza ad una tribù (che comporta l’adozione di riti, loghi e colori), ma è veramente indispensabile rinunciare alla ricerca del proprio “sé” e annullarsi nel tentativo di divenire un sosia?Ed ancora, quanta parte della nostra dignità perdiamo, quando non accettiamo il senso del tempo nella nostra vita?

Del resto anche i divi invecchiano (tranne quelli che muoioni giovani e vengono mantenuti vivi, “mitizzati”, quale lucrativo prodotto mediatico delle multinazionali).
Certamente – mi direte – i migliori attori sono camaleonti, in grado di assumere qualsiasi identità, sesso ed età cronologica, ma – badate bene – questo vale solamente per quella fatidica ora sul palco, non senza un pesante trucco prostetico e con l’auto miracoloso degli effetti speciali hollywoodiani.
Ricordo distintamente l’ironia che suscitò il parrucchino del capitano Kirk (al secolo interpretato dall’attore canadese William Shatner) quando, nel 1979, a oltre vent’anni dalla fine della fortunata serie televisiva “Star Trek”, si ritrovò nuovamente a calcare le scene sul ponte dell’Enterprise.Ma, badate bene, il problema non è nella diversità e men che mai nel fatto (inevitabile) che la vita cambia le persone: il problema piuttosto sta nel non accettare tale cambiamento, nel non adattarsi (o meglio nel non ricercare) alla propria essenza e nel farsi imporre un mito (che solo tale è) di eterna e giovanile bellezza.

La fantascienza è piena di racconti e romanzi che ci ammoniscono su questo pericolo: chi non si ricorda de “La fuga di Logan” dove la vecchiaia stessa (i 21 anni !!!) è un reato capitale.

E ancora la narrazione di un futuro dove le mode vengono dettate dalle apparizioni mediatiche e mondane di bellissimi divi, in realtà manichini comandati da remoto, salvo poi un finale drammatico quando l’operatore di uno di questi nega la sua realtà nel tentativo impossibile di divenire la marionetta…

Insomma, forse dovremmo riprendere ad apprezzare la vita nella sua interezza e realtà, momento dopo momento, accettando il nostro essere e quello di chi ci sta accanto; dopotutto, chi di noi vorrebbe veramente vivere in un mondo di perfetti manichini?

Dottor McCoy: Jim… Sta bene? Come si sente?
James T. Kirk: Giovane. Mi sento giovane…
(Star Trek: L’ira di Kahn)