“Ancora più insidioso: volgere l’intero flusso dei dati del cyberspazio verso costi non nulli ma alti sarebbe il motore di una nuova economia? Non piuttosto la strada maestra verso nuove carestie?” (M. Calamari)
Riprendo il giornalista Marco Calamari in un suo editoriale sulle pagine del web-magazine Punto Informatico: “Solo chi vive da sempre in mezzo all’abbondanza, sia materiale che informativa, può perdere di vista le condizioni di base in cui vive la maggior parte dell’umanità, non solo nei paesi “in via di sviluppo” ma anche nelle superpotenze economiche…”
E’ così: la tentazione, quella di contrapporre all’Universo della Rete quale spazio libero, una serie di domini privati e chiusi, è oggi sempre più forte: che male c’è, dopotutto, qualcuno insiste, così avremmo più sicurezza e minori violazioni della privacy.
Eccome no? In merito dice Massimo Mantellini nel suo blog: “Di tutte le risposte possibili che la politica può immaginare alle intrusioni digitali degli spioni americani di NSA, svelate nella loro ampiezza dai documenti di Edward Snowden, quella di costruire una Internet europea che tenga al riparo le nostre comunicazioni dagli occhi degli indecenti americani – come ha proposto Angela Merkel qualche giorno fa – è davvero la più stupida fra quelle possibili.”
Ci siamo, Internet che diventa metafora di confini geografici con tanto di passaporti, tasse, norme burocratiche: un ritorno a logiche arcaiche replicate in ambiente digitale ?
La neutralità e universalità della rete, non ci stancheremo mai di sostenerlo qui a bordo dell’Enterprise, sono piuttosto tratti caratteristici fondamentali, anzi, costituitivi di Internet.
Ma ritorniamo alle parole di Calamari: “[solo chi vive da sempre in mezzo all’abbondanza, sia materiale che informativa…] può perdere di vista la contrapposizione individuo-società, che da sempre è alla faticosa ricerca di un equilibrio, quasi sempre effimero o spezzato, quindi devastante appunto per l’individuo…”
Eppure non sarebbe fantascienza ritenere che se qualcuno si ritrovasse il potere di discriminare in base alla provenienza e al contenuto dei pacchetti di bit, potrebbe benissimo venir “tentato” a bloccare ciò che non apprezza.
Mentre una gestione (anche economica) “open” dei mondi virtuali dovrebbe determinare chi detiene il governo della rete sulla base dell’approvazione universale-
D’altro canto, chi accetta che siano imposti artificialmente dei limiti (fosse solo per limitare le risorse al fine di aumentarne il prezzo, sulla base della logica capestro che si basa su domanda e offerta) “…Può perdere di vista che viviamo in un mondo in cui le risorse materiali sono limitate e quindi non possono essere disponibili per tutti, ma quelle immateriali sono abbondanti, capaci di disseminarsi e combinarsi fra loro, gratuite…”
No signori, l’esperienza di navigare la Rete, per come la conosciamo oggi, ci dovrebbe insegnare che i problemi individuali (e si, anche quelli economici delle sollevati dagli enti garanti le aziende) sono in realtà i problemi di tutti e che pertanto le soluzioni a tali difficoltà dovrebbero essere le più condivise possibili (insomma una sorta di Federazione dei Pianeti Uniti).
L’alternativa, per noi navigatori degli spazi, sarebbe quella di ritrovarsi limitati in un settore galattico, per quanto virtuale, governato da forze oscure le cui finalità potrebbero non essere condivisibili “…un delitto contro l’umanità [tale da] essere giudicato alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, non certo indicato come la strada verso un benessere maggiore per tutti o per la soluzione dei problemi sociali.”
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