
Cloud Atlas è un film di fantascienza – tratto dal romanzo “L’atlante delle nuvole” di David Mitchell – realizzato da Tom Tykwer e dai fratelli Lana (Larry) e Andy Wachowsky…
E si, perchè andando al cinema per vedersi Cloud Atlas lo spettatore si trova di fronte a di ben sei (6!!!) vicende che si sviluppano in tempi e spazi diversi (alla faccia di Aristotele) e collegate (è meglio dire interconesse) da un’unica logica: che i sentimenti permangono e anzi si rinnovano in nuovi protagonisti, indifferenti (i primi) allo scorrere delle epoche e delle “location” e alle reincarnazioni (di questi ultimi).
C’è però un secondo filo che lega le storie ed è la parola, parlata e scritta (il diario del viaggio per mare di un avvocato nell’800, le lettere di un compositore d’inizio 900, una relazione tecnica di uno scienziato nel 1970 che diventa un caso giornalistico) che si alterna a quella visiva (uno spezzone di film del 2012 ritrovato nel 2144) per ritornare alla trascrizione di un messaggio radiotelevisivo su di un (sacro) libro del 2321.
Il film (e qui si discosta un po’ dal libro originale), infatti, inizia e termina con una affabulazione orale di un ormai anziano protagonista ad un pubblico di bambini: nelle intenzioni dei produttori si tratta quindi di un’opera dal tono epico, un affresco di storia corale che non trascura però il ruolo del singolo individuo nella Storia.
Insomma, a farla breve, il messaggio centrale di questo (innegabilmente) originale kolossal (circa 160 minuti, un film al momento dichiarato come il più costoso tra le produzioni realizzate in Germania) è che basta un singolo atto di coraggio per trasformare un vigliacco in un eroe e che tale atto si propaga nel tempo e nello spazio fino ad ispirare le rivoluzioni e il mondo, anzi, i mondi che verranno…


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