19du17taeaw4ajpg“Gentile utente, sei stato registrato fra i partecipanti ad una rivolta di massa” (SMS ricevuto dai cittadini ucraini che si trovavano nei dintorni delle proteste di piazza) – Il termine distopia può essere utilizzato anche per indicare il peggiore dei mondi (futuri) possibili…

“Siamo immersi nel digitale e, sempre di più, conosceremo noi stessi, il mondo e gli altri attraverso la tecnologia e sarebbe illusoria la pretesa di arrestare questa evoluzione con un semplicistico invito a scollegarsi” (Antonello Soro)

Con distopia indichiamo quindi quel “locus” spazio-temporale dove non vorremmo mai vivere, un postaccio insomma, dove accadono solo eventi sgradevoli e indesiderabili.

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Potrebbe essere, per gli abitanti del pianeta Terra nel XXI secolo, uno scenario che preveda, in un contesto di sovrappopolazione mondiale, risorse naturali insufficienti a causa dello sfruttamento eccessivo e irrazionale, il crollo dei servizi sociali di pubblica utilità insieme ad una bassa disponibilità monetaria per le famiglie, una crisi finanziaria permanente alimentata da situazioni belliche e conflitti altrettanto permanenti alimentati dalla crisi finanziaria, dove il prezzo dell’energia è elevato al fine di generare profitto ma dove si punta su nuove fonti di energia fossile (ovviamente estratte ad alto costo) indifferenti dell’impatto ambientale e dove, infine, gli eventi climatici estremi (scatenati dai gas serra prodotti dalle fonti di energia fossile di cui prima) si susseguono senza soluzione di continuità.

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Su questo ipotetico (e distopico) pianeta succede che le interazioni sociali mediate dai dispositivi elettronici sono divenute di assoluto rilievo nell’organizzazione della vita quotidiana: la Rete fa da contrappunto a città devastate dalla guerriglia urbana e diventa quella piazza, quello spazio pubblico che consente ai suoi abitanti di osservare i fatti proprio mentre avvengono, di interagire e talvolta di partecipare agli eventi.

Alla fine basta adattarsi, proprio come diceva Jean Piaget, sociologo e antropologo, sostenendo che “Il comportamento intelligente può essere definito come una forma di adattamento all’ambiente: intelligente è un individuo in grado di reagire a modificazioni che intervengono nell’ambiente stesso.”

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Ma i limiti di questo sviluppo adattativo sono evidenti ai più: si tratta infatti di un’utopia (il luogo dove ogni aspirazione può andare a compimento) virtuale, un eden dove – scrive il blogger Massimo Mantellini – ““Ognuno di noi è il giardiniere del piccolo pezzo di Internet che utilizza. Chi ama Internet e pensa che la rete sia un valore per sé e per le persone che ha vicino tende a curare al meglio il piccolo spazio individuale che gestisce ” contrapposto alla quotidiana distopia reale !!!

 E c’è di peggio: il rischio di una contaminazione del cyber-paradiso causato dalle contraddizioni che noi umani ci portiamo dentro.

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Dopotutto, questa è proprio la metafora che ci ha insegnato Second Life: “Se qualcosa esiste, c’è anche in versione porno. Senza eccezioni.”

Ecco allora che, come in un videogioco sparatutto in prima persona, lo stesso ambiente perfetto ed edulcorato ti diventa uno spazio “senza manutenzione, pieni di rifiuti e scheletri di lavatrici arrugginite.

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Ne più, ne meno di quanto succede nel mondo reale, in una qualsiasi delle periferie (per adesso) della società (distopica) che ci stiamo creando, illusoriamente rassicurati dalle blandizie di un consumismo virtuale.

Com’è che recitava uno degli sketch comici-pubblicitari della trasmissione “Carosello” che veniva trasmessa secoli fa in una galassia lontana?

 “Fermate il mondo, voglio scendere!

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