“…quasi alla fine del mondo.” (Papa Francesco I)Come già vi avevamo anticipato nei giorni scorsi sulle pagine di WebTrek Italia, il 23 marzo prossimo scocca l’Ora della Terra, un evento globale contro i cambiamenti climatici e per uno stile di vita più sostenibile. L’iniziativa, certamente meritoria, ripropone però (e con forza) alcune evidenti contraddizioni della nostra “civiltà del XXI secolo”…

Sosteneva Albert Einstein come fosse una “follia fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi”: oggi però ci ritroviamo a dover ribaltare questa prospettiva dicendo invece che è folle attendersi lo stesso risultato a fronte di evidenti cambiamenti nelle osservazioni.
Siamo forse impazziti per un virus spaziale (o per la  troppa presunzione) qui a bordo dell’Enterprise?
Purtroppo no: il problema riguarda essenzialmente la civiltà terrestre nei primi anni del suo terzo millennio.
Fino al secolo precedente, infatti, uragani paragonabili al famigerato uragano Katrina si verificavano con tempi di ritorno stimati ultra-ventennali;  con l’aumento delle temperature medie planetaria, la popolazione terrestre in meno di un secolo si ritrovò a fronteggiare eventi meteo altrettanto estremi (se non di forza maggiore) e con una ben diversa frequenza!
In realtà da tempo l’allarme sul riscaldamento globale era già stato emesso dalla comunità scientifica, ma la risposta  dei governi (e delle grandi industrie multinazionali) era stata di assoluto diniego.
Eppure gran parte delle previsioni indicava chiaramente un aumento delle temperature medie globali e un conseguente innalzamento del livello degli oceani per effetto dello scioglimento dei grandi ghiacciai polari.
E, in effetti, sebbene gli esperti climatologi definivano (almeno inizialmente) “improbabile” un incremento del livello del mare superiore al metro, la loro valutazione in termini scientifici stava proprio a significare che tale scenario era ben all’interno del range di previsione.
Si trattava, allora, di un mero problema di difettosa comunicazione del rischio?
Comunque sia, anche a fronte di evidenti sintomi del cambiamento in corso, venne a generarsi, nella società civile, un atteggiamento di “rimozione psicologica” verso un’eventualità ancora di la da venire, a fronte di problemi magari di minore entità, ma più contingenti.
All’epoca, il riconoscimento di un mutamento climatico rientrò così in una forma di passività – l’accettazione dell’ineluttabile – lo stesso atteggiamento che alla domanda “Come evitare che un asteroide di grandi dimensioni possa colpire una citta’ come New York?“, faceva rispondere nel lontano 2013 a Charles Bolden, l’allora capo della NASA (la maggiore agenzia spaziale dell’epoca), durante un’audizione al Congresso: “Pregando.”
Paul D. Miller (noto anche come DJ Spooky), sound designer, artista del MoMA di New York, editore, deejay e autore del libro “The book of Ice” così riassumeva la filosofia prevalente di quegli stessi anni “Molta energia umana è stata spesa in modi perversi e autodistruttivi. La nostra visione della vita moderna è tinta di eventi come il disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon. Ma nel futuro, a prescindere dalle azioni umane, il pianeta sarà qui. Non è detto valga lo stesso per la nostra specie”.
Eppure alcune delle possibili e fattive tecniche per cambiare la direzione intrapresa già si intuivano e il problema, se così vogliamo definirlo, era soprattutto di metodo: è chiaro, l’inerzia politica e le remore ideologiche difficilmente si potevano sconfiggere con un approccio diretto, ma, non a caso lo psicologo Edward De Bono aveva coniato con il termine “pensiero laterale” una modalità di risoluzione dei problemi “indiretta” che avveniva attraverso l’osservazione del problema da diverse angolazioni.
Per la civiltà terrestre del XXI secolo la chiave della sopravvivenza era quindi legata al superamento dei pregiudizi e delle remore comportamentali, nel superamento di logiche (illogiche direbbe un vulcaniano di nostra conoscenza) legate all’idea di uno stile di vita basato sul consumismo senza fine e in misura sempre maggiore.Ecco, il concetto alla base del pensiero laterale è che per ogni problema sono possibili diverse soluzioni e forse il passo più difficile consiste nel volerle cercare, vedere, accettare e intraprendere…