CPlCgULWwAAsUAqUn giorno Alice arrivò a un bivio sulla strada e vide lo Stregatto sull’albero.
“Che strada devo prendere?” chiese.
La risposta fu una domanda:
“Dove vuoi andare?”
“Non lo so”, rispose Alice.
“Allora, – disse lo Stregatto – non ha importanza.”  –  La cosa più onesta da ammettere su questa “drole de epoque”, della quale siamo (almeno la maggioranza delle volte) involontari testimoni, è che non ne comprendiamo più alcuna logica…

11053186_1045506462127538_2223129663558890724_n“L’etica del dubbio si fonda sulla premessa che la verità esiste ma che nessuno la può afferrare completamente e che però esistendo non è insensato cercarla.” (Gustavo Zagrebelsky)

Immaginiamo noi tutti l’esistenza di una serie di nessi, legami tra più eventi tra loro contemporanei e apparentemente connessi in un modo che sembra totalmente arbitrario: questa è la realtà che si presenta oggi ai nostri occhi.

Eppure già nel 1950 Carl Gustav Jung utilizzava il termine “sincronicità” per definire proprio la corrispondenza tra due o più eventi, senza una relazione causale diretta, ma con lo stesso contenuto significativo.

Insomma, una stanza piena di orologi, ciascuno dei quali espone un tempo diverso, ma tutti sincronizzati al minuto da un regista occulto.

numbersPotremmo anche guardare a una simile eziologia in modo radicalmente opposto: esiste si una logica negli eventi, solo che è criptata in linguaggio codice e non ne conosciamo l’algoritmo decodificatore utile a distinguerne il senso compiuto (aitia = causa e logos = parola/discorso) dal rumore cosmico di fondo.

Come direbbe Publio Cornelio Tacito: “Siamo soggiogati da menzogne di cui noi stessi siamo gli autori”.

E’ proprio così: se mai è esistita un’era della nostra Storia nella quale, per chi si fosse messo “in ascolto”, fosse chiaro ed evidente un messaggio superiore, oggi non è più così: il fatto è che stiamo affrontando uno gioco misterioso, del quale non abbiamo mai firmato l’accettazione delle regole.

Un po’ come protesta l’Alice di Lewis Carrol quando dice: “Non mi pare che stiano giocando con lealtà e poi battibeccano tutti con quanto fiato hanno in gola che uno non riesce neanche a sentire la propria voce… e le regole poi, così imprecise, ammesso che ce ne siano, non le rispetta nessuno…”

11800440_1064007083609732_3930817981829360619_nAh! Ecco allora il senso di tutte quelle parole prive di reale senso logico che si aggirano, in Rete o sui canali media, nei testi dei quotidiani, senza la minima direzione impressa dalla forza di un soggetto eticamente definito: è un linguaggio virale, ma parlato da creature “zombie”, ovvero controllate da un istinto alieno e parassita.

E’ un film fanta-orrorifico; è l’invasione degli ultracorpi, ed infatti Amy Gail Hansen nel suo Libro Delle Verità Nascoste sostiene che dovremmo sempre “Sperare per il meglio, ma prepararsi al peggio”.

In un certo senso, questo è un buon consiglio anche considerando come le sorprese, persino quelle migliori, hanno in loro un certo grado di imperfezione e di assoluto inatteso.

E allora? Che dovremmo fare?

timthumb (1)Dick Gently, l’investigatore nato dalla penna del grande scrittore Douglas Adams risolverebbe la cosa semplicemente ponendosi una serie di quesiti: “Se io potessi interrogare la gamba di questo tavolo in un modo che avesse senso per me o per la gamba del tavolo, essa potrebbe darmi la risposta a ogni interrogativo sulla natura dell’universo. Potrei porre a una persona qualsiasi, scelta a caso, tutte le domande che mi vengono in mente; e le sue risposte, o l’assenza delle risposte, sarebbero in qualche modo pertinenti al problema di cui sto cercando la soluzione. È solo questione di sapere come interpretarle. Anche lei, che ho incontrato in modo del tutto casuale, probabilmente è a conoscenza di cose che hanno un’importanza fondamentale per la mia investigazione, se solo sapessi che cosa chiederle, cosa che non so, e se solo me ne prendessi la briga, cosa che non voglio.”

Chissà, magari alla fine ciò che di cui necessitiamo non è una quantità immensa di dati e di prove a sostegno delle nostre teorie; forse dovremmo mettere insieme solo pochi concetti, del tutto (e apparentemente) casuali, li potremmo persino chiamare con un neologismo in controtendenza come “small data”.

Perché, ancora una volta, il vero problema è trovare l’algoritmo che unisce i dettagli, la domanda che svela il percorso nel labirinto, la pietra filosofale che rivela, da una tela caotica, il quadro interessante.

Così, consigliato dal nostro amico Dick, proverei a cercare la chiave dell’attuale presente nel futuro – o, meglio, in tutti i futuri possibili – e non è detto che questo approccio “olistico” non ci porti da qualche parte o, almeno, fuori dalla palude dove ci siamo cacciati…

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“Il futuro influenza il presente quanto il passato” (Nietzsche)